I FIUMI PETRACE E BUDELLO


VITTORIO SAVOIA
I FIUMI PETRACE E BUDELLO. 
di Vittorio Savoia
La città di Gioia Tauro si trova in una zona strategica dell’omonima e bellissima Piana, tra due fiumi: il Budello ed il Petrace. I due fiumi, in particolare il Budello, hanno dato, nei secoli addietro, molti problemi ai nostri predecessori. Il Budello attraversava, con un percorso tortuoso, le campagne in agro di Rizziconi e di Gioia Tauro impaludandole. Per l’antica Gioia, questo fiumiciattolo, costituì motivo di seria preoccupazione. 
Nel 1768 l’idrologo Attilio Arnolfini, invitato dalla principessa Maria Teresa Grimaldi (marchesa di Gioia) nei suoi feudi per suggerire i metodi per una migliore coltivazione dei terreni e per una maggiore produttività degli stessi, scrisse: “ L’angusta valle, entro la quale il fiume Budello dalla sua origine fino al suo termine in mare tortuosamente serpeggia, è ripiena, non di paludi, ma di terreno addivenuto palustre dal ristagno delle acque….Si dovrebbe pertanto costituire una nuova linea al fiume Budello, e nel tempo stesso sarìa d’uopo difendere dalle corrosioni le nuove sponde e contenere con argini la espansione delle sue acque qualora si rigonfiano per cagione delle piogge … Una bassa, finalmente, arginazione basterebbe al fiume Budello, la quale par si dovrebbe con buona terra ben battuta e con una conveniente scarpa”.I fascicoli dell’Archivio di Stato di Reggio Calabria e della Provincia sono pieni di carte di ogni natura aventi ad oggetto il fiume Budello.​ 
Il fiume Petrace nasce nel cuore dell’Aspromonte, è il mitico fiume Metauro le cui acque furono considerate sacre e curative. In pochi sanno che questo fiume viene citato anche nella mitologia greca. 
La leggenda narra che Oreste, figlio di Agamennone e Clitennestra, impazzito dopo aver ucciso la madre e il suo amante, avrebbe ritrovato la pace bagnandosi nel Metauro, l’attuale fiume Petrace che lambisce la città. Oreste tolse la vita alla sua genitrice per vendicare l’omicidio del padre, capo dell’esercito degli Achei. Dopo il matricidio però perse i numi della ragione e fu perseguitato dalle Erinni, le furie personificazione del rimorso. Per ritrovare la quiete gli fu consigliato di consultare l’oracolo di Delfi in nome di Apollo e chiedere alla sacerdotessa il modo di venire fuori da questa pazzia. Il responso fu chiaro e dettagliato: un fiume, in una terra verso occidente, che scorreva dopo altri sette fiumi, con ben sette affluenti in cui bagnarsi per sette volte per poter guarire. Egli approdò e trovò poco a nord il fiume che rispondeva alle caratteristiche indicate dalla Pizia, la sacerdotessa invasata dal Dio. Tutto corrispondeva, persino i sette affluenti: 
Duverso, Calabro, Marro, Jona, Cerasia, Razza, Serra e tutti riversavano le proprie acque nel Metauro, l’odierno Petrace nella Piana di Gioia Tauro. Si bagnò dunque per sette volte e da queste acque miracolose ne uscì rinsavito e finalmente in pace. A Reggio, dove subito si recò, innalzò un tempio a diana Fascelide e, per il senso di pace che provava, appese la sua spada ad un albero di alloro. 
Legato a questo fiume c'è anche un miracolo di San Fantino, che riuscì a fermare le acque gonfie e difficili da percorrere riuscendo così a proseguire nel cammino: “Fermati, perché passa Fantino servo di Dio. E l’acqua si fermò di qua e di là, e il Santo passò con le cavalle come attraverso terra dura” Le acque di questo “mitico” fiume furono considerate, anche, curative, tanto è vero che nel 1601 fra’ Girolamo Marafioti, originario di Polistena, profondo conoscitore della Piana, nella sua opera “ Croniche et antichità di Calabria” oltre ad aver parlato di Metauria patria di Stesicoro, così affermava: “ Discorre in canto il predetto castello Terra nova un fiume chiamato Marro, nel dritto del quale scendendo per la via verso Occidente, occorre un altro fiume, detto da Strabone Metauro, e da Catone (come più volte ho detto) chiamato Paccolino, il quale divide il territorio Locrese dal territorio Reggino, quel ch’in particolare è da notarsi in questo fiume, è la sua virtù sanativa mirabile, che tutti coloro quali per gli umori falsi del fegato patiscono alopecia, 
ò vero ulcere sanguinose, e putride nella carne, bagnandosi nel fiume due, ò tre volte il giorno, per ispatio di quattro, ò cinque giorni,​ 
mirabilmente si guariscono, e divengono forti:per il che non è molto da meravigliarsi s’in questo fiume lavandosi Oreste, si guarì dalle pazzie.”



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